martedì 8 marzo 2016

CASA

La vita è fatta di punti di riferimento come una mappa o un taccuino dove ogni giorno scrivi con il pensiero cosa  fare. La base fondamentale è la casa in senso solido, mattoni , pareti, pavimenti . Pensi a quello e ti senti già protetto . Ma se pensi a casa cosa immagini? Divano, letto, salotto, cucina e risenti gli odori e i profumi. Quando dal mio letto anonimo e uguale a cento altri mi soffermavo con il pensiero su casa mia, riuscivo a sentire e vedere immagini che mi aiutavano a fare passare il tempo e chissà se con quel pensiero mi avranno percepito. Si sarà voltata mia mamma per guardarsi in giro, alzando gli occhi dal lavoro di sarta per un momento? Venni a sapere da mio padre quando riuscirono a trovarmi il colpevole che aveva creato tutto questo trambusto, che la mamma andava sempre ogni mattina a guardare il mio letto vuoto e la trovava spesso che piangeva. E in quei giorni mangiava pochissimo e doveva sempre forzarla . Non me lo disse subito per non farmi preoccupare, anche se in fondo mi sentivo come la protagonista di un monologo tragico, che intrattiene il pubblico con il magnetismo di un istrione, Avevo involontariamente cambiato il tran tran delle giornate uguali. Iniziai a riprendere possesso della vita "normale" tornando poco alla volta a sentire il profumo del legno, del lavoro che ho sempre amato, tanto che non avrei voluto frequentare altri 2 anni di studio come segretaria d'azienda, sicura che non sarei mai andata a chiudermi in un ufficio.

mercoledì 24 febbraio 2016

IL PRIMO RITORNO A CASA

Finalmente dopo 40 giorni mi hanno dimesso. Il ritorno lungo la strada mi sembrava come una vacanza e ai miei occhi era tutto nuovo. Poi sono riuscita a fare tutta la scalinata per salire a casa. La prima cosa che ho notato sono stati i miei gatti che  mi guardavano come fossi un'estranea, ma sapevo che mi avrebbero riconosciuto presto. Avevo lasciato i canarini appena nati e adesso non riuscivo più a riconoscerli dagli adulti maa la sensazione più bella era il profumo di casa, il mio letto , il divano. La soddisfazione e il morale alto sono le medicine aggiuntive alla terapia. Perché avrei dovuto sentirmi depressa? Ero riuscita ad uscire e tornare finalmente  alla vita di sempre. La novità che saltava all'occhio era il fatto che verso le 14 si impossessava di me Morfeo e non potevo resistere alla sua nuvoletta di sonnolenza , così il letto divenne per un bel periodo un alleato ristoratore. Ma solo pochi giorni dopo ritornò a farmi visita "la febbre". Pensavo non tornasse più , tanto che allarmata telefonai subito in reparto. Ma il medico interpellato mi rassicurò dicendo che rientrava nella normalità e dovevo continuare la terapia di 3 antibiotici al giorno. E l'avventura era appena iniziata.

martedì 9 febbraio 2016

QUALCOSA DI NUOVO

Il problema più grande è come passare il tempo  in un letto. Ogni alba è diversa e il tuo mondo lo vedi attraverso quel pezzo di vetro che se sei fortunata lo trovi vicino al tuo giaciglio. Così ti soffermi a guardare di quanti colori possano esserci nel cielo e come cambiano rapidamente, cosa che gli altri giorni della tua vita non avevi mai avuto il tempo di osservare.  Quella mattina in cui mi trasportarono fuori sulla lettiga per controlli radiologici, in quei 5 minuti capii che ce l'avrei fatta. La primavera era iniziata e le rondini che gridavano girando e giocando a rincorrersi sopra la mia testa furono i messaggeri di positività e buon umore. "Torniamo subito" "Fate pure con comodo , che intanto mi godo questo sole tiepido" .Non mi è mai piaciuto starmene con le mani in mano. Rendersi utili è gratificante e appena era possibile mi prestavo a fare qualcosa. E quel giorni in cui l'infermiera mi disse se volevo "fare un po' di pezzette" accettai subito. Anche se ero a letto mi misero davanti il vassoio dei pasti e sopra depositarono un po' di garze che avrei dovuto piegare in un certo modo. Servivano in sala operatoria per medicare. Davo una mano agli infermieri così loro avrebbero avuto più tempo per gli ammalati. E imparai velocemente! Quando iniziai ad alzarmi non mancavo di aiutare gli altri ad alzare il letto, con la manovella davanti , oppure a passargli il bicchiere, avvicinare il tavolino ecc. E una bella mattina arrivò il medico e mi annunciò che avevano finalmente trovato "il nome del colpevole" . " Tettamanti abbiamo trovato che cosa hai" Io non so di quanti colori divenne la mia faccia per l'emozione e l'attesa. Batterio di Koch , ovvero tubercolosi vescicale con reflusso. " E' curabile?" fu la mia risposta. "Certo, dovrai prendere delle pastiglie " Ero felicissima! Non me ne fregava più niente. La parola "curabile" era una vittoria. E da quel giorno iniziarono a darmi giornalmente 3 antibiotici mirati al giorno da prendere tutti insieme , per uccidere il maledetto. Restai ancora una settimana per dosare i farmaci e poi me ne andai a casa ancora integra, con il mio rene malandato.

lunedì 1 febbraio 2016

I GIORNI CHE PASSANO

Il tempo misurato in ore e giorni, cambia forma e sostanza. I giorni e le notti sono diversi. La mattina inizia presto con le infermiere, le voci i rumori di carrelli, delle barelle accompagnate dal personale di soccorso e voci di nuovi pazienti che entrano. E tu non hai voglia di rispondere al "Buongiorno!!" ma vorresti rispondere "lasciami dormire..è prestissimo!". Solo che non lo fai , perché hai bisogno di loro e non stai bene. Sei totalmente dipendente da loro. Ti lavano , cambiano, ti aiutano a girarti e ti fanno anche ridere. Di alcuni di loro ho saputo un po' della loro vita, quanti figli avevano , i loro problemi per la scuola o le crisi adolescenziali . Ritagli di vita di gente normale che con la loro divisa da lavoro diventano "speciali".




BENEDETTI INFERMIERI


I giorni NO, li capivi quasi subito. Ti svegliavi e già c'era quella nuvola che ti ingrigiva la mente. Ero stanca di non sapere cosa mi avesse portato lì, stanca delle medicine , delle flebo, i cateteri...di tutto insomma. Ma dove avrei potuto andare, dato che non stavo bene? Poi mi distraevo e le infermiere mi facevano ridere anche contro voglia. Benedette infermiere!! La vita di un ospedale è diversa dalla vita come la intendiamo noi. E' come se chi entra oltrepassasse uno spazio temporale, un mondo fuori dagli schemi. Il tempo si misura con parametri diversi. Quando vengono i tuoi famigliari a farti visita è come se respirassi l'aria che c'è di fuori. Poi ti portano cibi diversi (se consentito) e ti senti felice come un bimbo che vede materializzarsi il suo regalo. Cerchi di sapere più notizie possibili del "mondo che hai lasciato fuori" e intanto guardo negli occhi mia madre per vedere se sta soffrendo tanto, ma non glielo chiedi mai. Già mi sentivo un po' colpevole per avere scombussolato la vita della mia famiglia. Aspettando il nome del colpevole invisibile che mi aveva ridotto in quel letto, mi sentivo ogni giorno un po' meglio. Ormai sapevo i turni degli infermieri e mi stavo abituando . Il cibo era cucinato bene, il mio preferito era il pollo arrosto e il minestrone, tanto che c'era un infermiere che me lo offriva sempre anche quando non era nel menù.